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Studio Montefiorino

Dagli Squarci nel buio allo Spazio infranto


La riflessione di Carpanelli intorno ai concetti di “lacerazione” e di “spazio” porta alla nascita di un nuovo ciclo di opere, che si ispira al tema delle stagioni e che comprende sei trittici astratti, realizzati a smalto su plexiglas. Attraverso questi quadri l’artista ripercorre il viaggio che la Terra compie intorno al Sole e rivive il susseguirsi delle stagioni, nella loro ripetizione circolare.
Nel corso di questo viaggio artistico Carpanelli prima si sofferma a riflettere sull’origine della materia per poi osservare il dischiudersi delle stagioni e la forza incontenibile con cui esse si manifestano nei cieli, nei mari, nei prati e nei frutti della terra.
Prima di parlarci delle stagioni, Carpanelli dipinge Squarci nel buio, che funge quasi da introduzione e permette all’ artista e all’osservatore di partire dall’inizio. Il Maestro comincia quindi dal nero, dal buio, dalla nascita della luce, dell’energia e della materia per poi soffermarsi sui colori, sugli odori e sui suoni di ogni stagione.
In quest’opera l’artista compone una tessitura che in certi punti appare tirata fino allo spasimo, fino a strapparsi, fino ad essere lacerata. Lo smalto bianco accende una luce nel buio, lo invade, lo squarcia e crea nuove spaccature. E risulta difficile stabilire dove si trovi il confine tra lo spazio e la materia, dove finisca uno e dove inizi l’altro, perchè il contorno che tenta di separarli appare precario ed instabile e si ha come la sensazione che la luce, ancora una volta, stia per squarciare il buio.
Dopo Squarci nel buio, Carpanelli dipinge Squarci di primavera, un’opera che nasce durante alcuni giorni di incertezza climatica, quando è ancora inverno ma la primavera, con il suo lieve tepore, fa già capolino.                                                        
La sensazione di una primavera che è appena sbocciata si annusa nell’aria e, a partire dal dripping, un venticello leggero e carico di mobilità si diffonde prima nell’opera e poi tutto intorno. L’occhio dello spettatore ripercorre i gesti dell’artista e chi guarda non può che lasciarsi coinvolgere dall’armonica composizione che sembra descrivere una danza carica di novità. La natura si risveglia dal letargo invernale e si accende di colore. La primavera, con tutta la sua dolcezza, esplode nei fiori, nei campi e nei cieli, portando una ventata di aria fresca. I fiori si schiudono e rinascono. I prati, i balconi e le strade si riempiono del loro profumo e dappertutto si respira un’atmosfera leggera, pacifica e delicata.
Al trittico sulla primavera segue Squarci di estate, che mostra immeditamente e senza mezzi termini la forza e l’irruenza con cui l’estate interrompe la pace primaverile e si impone, caldissima.
Un groviglio di linee vibranti ed eccitate rievoca l’abbondanza dei frutti estivi, i loro colori sgargianti e la loro polpa succulenta.
I raggi scottanti infuocano i campi di grano, li accendono dello stesso colore dell’oro e intanto, fra le spighe robuste, sbocciano alcuni papaveri rossi, con i loro petali fragili e leggeri.
Osservando il giallo dei campi di grano si ha veramente l’impressione di accarezzare le spighe con la punta delle dita e di trovarsi in un luogo molto caldo, anche se in qua e in là l’occhio riesce a trovare un riparo ombroso tra le sfumature annerite.
Infine l’artista ha volto lo sguardo verso l’alto e si è lasciato ispirare dai temporali estivi, che arrivano all’improvviso, scaricano tutta la loro forza in pochi minuti e poi svaniscono, così come sono arrivati.
Le goccie blu e azzurre si intrecciano in un acquazzone scrosciante e il suono battente della pioggia è interrotto solo dal giallo lucente dei tuoni.
E, mentre l’occhio corre all’impazzata per cercare un riparo asciutto, ha già smesso di piovere e nell’aria si avverte già quell’aroma inconfondibile e dolciastro di terra bagnata.

Squarci di estate

Squarci di autunno

Squarci di inverno

Spazio Infranto

Squarci di primavera

Abbiamo assistito allo schiudersi della primavera e all'esplodere dell'estate e adesso, di nuovo, è tempo di ripartire. Carpanelli continua a seguire con lo sguardo i movimenti della Terra e ci accompagna questa volta nei luoghi dell'autunno.
Dopo il caldo estivo la temperatura si abbassa e la natura si colora di giallo, di rosso e di arancione. Queste tinte calde spiccano tra i pini e i cedri sempre verdi e si accendono sotto al cielo grigio. Le foglie si staccano dai rami e come una ballerina di danza classica volteggiano leggere a destra e a sinistra per poi poggiarsi a terra in punta di piedi.
I colori di Squarci di Autunno sono meno sgargianti rispetto a quelli delle opere precedenti e nel complesso il trittico appare più omogeneo.
L'artista si sofferma a descrivere la consistenza delle foglie autunnali e gli effetti dell'aria che penetra tra i rami degli alberi. Le foglie sono state ammorbidite dal tempo e per l'ultima volta, prima di staccarsi dal picciolo e di abbandonarsi nel vuoto, mostrano la loro inafferrabile bellezza e la loro fragilità.
Fra le loro venature è scritta la storia di tutti i bambini che hanno visto rincorrersi, di tutti gli adolescenti che si sono sdraiati poco più in basso, sprofondati nella lettura e cullati dal dondolio dei rami  e di tutti gli anziani che vi hanno cercato un riparo nelle ore afose di agosto, quando tutto era immobile.
Nei tiepidi pomeriggi di settembre il canto degli uccelli si fa più silenzioso e le foglie mostrano la loro stanchezza e le piccole rughe. Le giornate si accorciano e le foglie vivono i loro ultimi momenti di vita prima di lasciarsi andare e di farsi portare via dal vento.
A questo punto l’artista invita lo spettatore a guardare all’interno di una cesta di vimini colma di grappoli di uva, che vanno dal giallo al rosso a seconda della varietà.
Fuori non fa più caldo ma non è ancora freddo e i contadini premurosi, che in primavera hanno potato le viti, si apprestano a raccogliere l'uva matura. Adesso i chicchi freschi si trovano sotto di noi, dentro ad un antico tino di legno e il profumo del mosto risveglia in noi il ricordo di tradizioni lontane. Improvvisamente ci ritroviamo scalzi e fra le dita dei piedi possiamo sentire la buccia degli acini che si rompe e il succo caldo e dolciastro che ne fuoriesce.
Le viti salgono e riscendono i versanti della collina, un’aria di festa si diffonde nelle campagne e già si può sentire tra le labbra il sapore corposo del vino.
In questo periodo dell'anno i contadini si dedicano alla parte più importante della coltivazione: la semina. Dopo un’accurata aratura del terreno depositano i semi nelle incavature della terra per poi raccoglierne i frutti in primavera.
I marroni scuri delle zolle appaiono prepotenti, duri e dimostrano la forza travolgente della terra e la sua pesantezza. Gli strati lavorati sono separati da intervalli irregolari e i toni bruni si alternano ad incrostazioni gialle, che illuminano l’opera e la alleggeriscono. Le sgocciolature azzurre invece fanno pensare all’acqua e all’ossigeno che, penetrando nel terreno, contribuiscono alla germogliazione del seme. Qualche striatura di rosso bruciato ci ricorda quanto questa sia un elemento vivo e fertile. Infine i tratti verdi chiari indicano i semi, dunque nei segni più timidi e nascosti è racchiusa tutta la forza motrice che darà avvio a questo processo di rinascita.
Subito dopo il trittico sull’autunno Carpanelli realizza Squarci di inverno, dove ancora una volta mescola la tecnica dello strisciamento a quella del dripping.
Dal punto di vista coloristico l’inverno appare più uniforme e in qualche modo rimane più raccolto ed introverso. Quest’opera ci ricorda che l’inverno è la stagione del silenzio, del riposo e della lentezza ma anche delle burrasche che si scatenano all’improvviso. La natura, quando si arrabbia, ci rivela senza filtri tutta la forza e la furia di cui è capace e può diventare molto spaventosa, mantenedo però quel pizzico di fascino che è tipico di ciò che è troppo grande per essere governato.
Quando Carpanelli dipinge la parte sinistra dell’opera pensa ai mari del sud e ai molluschi che li abitano. Le acque sono cosparse di piccole lentiggini rosse che ci forniscono un’anticipazione dei mesi che verranno dopo l’inverno e della natura che si appresta a rinascere. La realtà rappresentata appare mite e pacata e, immergendoci nell’acqua fino all’altezza del collo, avvertiamo una brezza leggera che ci arruffa i capelli.
Al centro dell’opera possiamo vedere I blocchi di ghiaccio che si stanno sciogliendo e che galleggiano nell’acqua. Quando I ghiacciai passano dallo stato solido allo stato liquido si formano dei laghi tutto intorno e si producono dei bellissimi giochi di luce che l’artista riesce a ricreare.
Come abbiamo detto l’inverno è fatto di quiete e di momenti raccolti, ma anche di stravolgimenti spaventosi ed improvvisi. Così l’artista, dopo aver descritto i mari del sud e i ghiacciai in disgelo, alza lo sguardo verso il cielo e ritrae la forza instancabile e la dinamicità della pioggia, della neve e della grandine. La pittura viene lanciata sul plexiglas e quando si asciuga conserva l’energia che ha mosso l’artista, facendo vivere quel momento per sempre.
L’opera che chiude il ciclo delle stagioni si intitola Spazio infranto e, cronologicamente, è quella che è stata dipinta per prima.
In quest’opera Carpanelli fa un passo indietro e, guidandoci all’interno di un universo che è fatto di fratture e di trasparenze, si sofferma sul concetto stesso di spazio squarciato.
Ogni corpo occupa fisicamente uno spazio e in quel preciso posto, nello stesso momento, non può starci un altro oggetto o un altro essere vivente. Quando però tra due corpi esiste uno spazio non riempito l’occhio può arrivare più lontano e, attraverso gli spiragli, può scoprire un mondo filtrato, uno spazio che è stato lacerato.
Così l’artista, dopo un viaggio lungo dodici mesi, dopo molte albe e molti tramonti, ritorna al non colore e riprende la sua riflessione sull’idea di presenza e di trasparenza.
I mesi più rigidi sono finiti e la Terra, dopo aver raggiunto il punto in cui era cominciata questa storia, riinizia lo stesso percorso che ripete ogni anno.
Una volta giunto alla fine, all’ultima opera, lo spettatore è naturalmente portato a ripercorrere tutte le fasi, a rivivere la sequenza di eventi che si ripete all’infinito.
La struttura circolare della narrazione riflette l’alternanza delle stagioni e l’eterno ritorno degli stadi della natura. Il nostro pianeta continua a girare intorno al Sole e la natura perennemente nasce, muore, si decompone e rinasce.
Intanto la coperta di brina che si era distesa sull’erba si è sciolta completamente, l’aria si è fatta più tiepida e le primule, I narcisi e i tulipani sono già sbocciati di nuovo.

                                                                                                                                                                                                                                                                                  
 


Jana Magro

2019-05-09

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