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Studio Montefiorino

La volta celeste

Si esce dai confini terrestri e anche da quelli artistici dove la pittura su tela lascia il posto allo smalto su plexiglias

Andando verso la Terra (particolare)
Abstract #405

“Quando camminerete sulla terra dopo aver volato, guarderete il cielo perché là siete stati e là vorrete tornare.”  (Leonardo da Vinci)
4 ottobre 1957. Non è forse tra le date più significative della Storia, ma è quella che celebra il primo lancio in orbita di un satellite artificiale, rappresentando una svolta verso l'aspirazione massima dell'umanità: poter esplorare l'universo "infinito". Se le filosofie e le religioni sono intrise di ogni possibile ragionamento sul rapporto uomo-spazio, anche la storia dell'arte è stata da sempre influenzata da questa tematica, che possiamo considerare in qualche modo esistenziale per l'uomo. In questo caso però l'intento di Maurizio Carpanelli non è quello di dare prova a teorie o ragionamenti su tali questioni universali, ma di lasciare che la sua ispirazione sui corpi celesti sia la base per la realizzazione di questo nuovo ciclo di opere e che sia la chiave di lettura per coloro che, osservandole, si lasciano trasportare dall'immaginario visivo e dalle emozioni suscitate. Punto cardine della teoria carpanelliana, è che non esiste il concetto di limite. Se questa "assenza di confini" bene la si può applicare razionalmente alla galassia cosmica, diverso è invece se la si volesse prendere come statuto stesso del fare arte. Ed è proprio qui che avviene l’intersezione tra ingegno e immaginazione, la cui congiunzione rende l’artista propenso ad una continua innovazione verso lo sconfinamento dei confini artistici.  Supporto + materiale + strumentazione è la sua formula vincente personale che lo porta alla sperimentazione di una tecnica inedita e originale, che non fa altro che arricchire ancora di più la propria proposta artistica.
Se provassimo a superare la distanza tra noi e i corpi celesti e addentrarci nel tanto meraviglioso, quanto ignoto, cielo stellato, noteremmo che tale estensione cosmica è pervasa ancora da quell'energia generatrice che ha determinato l'esplosione originaria della nostra galassia, e che quei minuscoli puntini luminosi sono pura massa viva. Le caratteristiche peculiari dello smalto e l'utilizzo del supporto vetroso si rivelano essere una soluzione felice per ottenere la sensazione della materia spaziale, costituita da sostanze liquide e gassose che con resa fluida si stendono liberamente sulla superficie, dando l'impressione di muoversi costantemente. L'acqua e l'aria, nonostante la loro natura trasparente e inafferrabile, qui appaiono concretamente visibili nelle loro correnti indomabili che donano all'opera l'effetto vivo e armonioso con cui dilatano esponenzialmente la superficie pittorica e fanno sprofondare lo sguardo e l'immaginazione dello spettatore in uno spazio lontano, magico e infinito. In ogni lastra il colore ha un’identità propria, non solo per la scelta dei pigmenti e dei vari accostamenti che richiamano le caratteristiche del singolo corpo celeste, ma soprattutto per le modalità di stesura e di amalgamazione della materia pittorica stessa, che crea effetti unici e irripetibili per ogni pianeta, cosicché ognuno sia diverso da tutti gli altri e sia riconoscibile grazie alle proprie specificità.
Che cosa significa rendere la trasparenza visibile, tridimensionale una lastra bidimensionale, l’assenza e il vuoto protagonisti sullo stesso livello del colore? Domande che paiono forse contraddittorie per un oggetto pittorico, ma che invece sono assolutamente lecite per la natura di queste opere. Se Fontana adottò le lacerazioni nella tela per superare i limiti del supporto pittorico, Carpanelli invece, usando il plexiglas, non solo ha potuto massimizzare l’effetto dello smalto, ma ha potuto giocare proprio sull’idea di assenza del colore e sulla trasparenza del materiale, riuscendo così a evitare di bloccare lo sguardo dell’osservatore (come d’altronde si verificherebbe se ci fosse una tela), e permettendo di fare entrare la realtà retrostante all’interno dell’opera stessa. L’artista riesce in questo modo a rendere il colore un corpo vero e proprio, dotato di una massa e quindi capace di generare un’ombra. E’ sorprendente come passaggio, se si immagina che solitamente il colore appare come qualcosa di piatto e uniforme. In questo caso, invece, la traccia della sua stesura proietta, sulla parete su cui viene collocato il quadro, un’ombra, che non rimane più un soggetto solamente dipinto, ma che nella sua reale e concreta presenza fisica diventa parte integrante dell’opera, raggiungendo l’effetto finale di una superficie tridimensionale. Siamo davanti ad una installazione dove la formula pittura + trasparenza + ombra ha portato alla luce un'opera unica e decisamente innovativa, che si può ammirare in tutta la sua pienezza se collocata sospesa nello spazio, senza supporti che la fissino a contatto con il muro: in questo modo ci troveremmo realmente immersi in una sorta di visioni dove il senso di gravità della lastra viene come annullato dall'atmosfera cosmica e rarefatta così efficacemente evocata.

 


Monica Boghi

2016-11-01

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